Il disastro del Golfo: un problema grosso, grosso!

Il 20 aprile 2010, un'esplosione sulla piattaforma petrolifera Horizon Deepwater ha scatenato un disastro ambientale di portata eccezionale nel Golfo del Messico. 

L'istante successivo al disastro, che ha causato la morte di 11 lavoratori della piattaforma e feriti altri 17, una marea nera e vischiosa ha cominciato a riversarsi nel Golfo, muovendosi lentamente ma inesorabilmente verso altri lidi. 
 
A parte i numerosi tentativi fatti da parte della BP per fermare la marea nera: "kill top" (il processo che ha coinvolto pompaggio dei fluidi in sommità del pozzo), "junk shot(sparare grandi quantità di fango, gomma, pneumatici triturati), l'uso di robot per tagliare il tubo montante e il processo a lungo termine della perforazione, la situazione a distanza di neanche tre mesi, sta avendo effetti non particolarmente favorevoli per la salute del pianeta.

Già si sono visti gli effetti disastrosi nella pesca della marea nera che entra nel Golfo.  

Studiosi della University of Southern Mississippi and Tulane University in New Orleans hanno trovato, nel tratto di mare compreso tra la Louisiana e Pensacola, dei frutti di mare e delle larve di granchio cosparse di goccioline di petrolio. Il fatto sta mettendo in allarme gli operatori sanitari, in quanto, ora è certo, il petrolio può entrare nella catena alimentare in un sacco di modi.

Ora giunge uno studio italiano del CNR, nel quale si dice che la marea nera del Golfo avrebbe stravolto l'equilibrio naturale e che potrebbe avere conseguenze irreparabili.

La chiazza di petrolio che si sta allargando sempre più ha come bloccato una delle principali correnti calde del Golfo del Messico, la “Loop Current”, la corrente marina del Golfo che scorre verso nord tra Cuba e la penisola dello Yucatan, si muove a nord nel Golfo del Messico, e poi devia ad ovest e sud prima di uscire ad est attraverso lo Stretto della Florida per poi percorrere l'Atlantico sino al Nord Europa.


Immagine: flowergarden.noaa.gov

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