Indigeni del centroamerica: tutto in nome del progresso, nevvero?

Non sempre il progresso porta la civiltà. La sua avanzata inesorabile non reca affatto bene nei luoghi ove esso non è indispensabile. E se lo è, non lo è per coloro che vivono in quei luoghi. Come quelle terre che da secoli appartengono a coloro che vi vivono. In Colombia e in Nicaragua, ma certamente anche altrove, ci sono popoli che stanno perdendo tutto nel nome del cosidetto progresso.

Secondo un rapporto del National Indigenous Organization of Colombia il 67 per cento degli indigeni che vivono in Colombia (sono circa 1.420.000 ) sono a  rischio di estinzione. Nei primi cinque mesi del 2014 oltre 4000 persone indigene sono state vittime di spostamenti forzati. Lo afferma l''OCHA (Colombia’s United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) nella sua più recente relazione riferendosi a indigeni provenienti da cinque diversi stati. Il rapporto afferma che l'estinzione culturale e fisica è un rischio reale per le comunità colpite (Awa, Embera, Eparara Siapidara, Nasa and Nukak). Queste comunità fanno parte dei 35 gruppi indigeni riconosciuti dalla Corte Costituzionale della Colombia come in pericolo di estinzione. Il motivo? Il solito: progetti minerari nei loro territori.

Il caso più sconcertante di spostamento della popolazione indigena riguarda la comunità degli Embera-Dobida, nello stato della Colombia di Choco. Secondo il rapporto, sono stati registrati 2.034 casi di spostamento in questa sola comunità. La regione Choco è di importanza strategica per i gruppi armati del paese, grazie al suo accesso alle rotte della droga sulla costa e una bassa presenza dello Stato che consente una diffusa coltivazione della coca e di attività minerarie illegali che procedono in gran parte indisturbater.

In Nicaragua invece a farne le spese sono gli indigeni Mayagna. Sono più di 30.000 quelli destinati a scomparire. E assieme a loro c'è il rischio che venga distrutta  la più grande riserva forestale in America centrale e la terza più grande al mondo: la Bosawas Biosphere Reserve. Il capo dei Mayagna, conosciuto come Tierramérica ha detto che nel 1987 il nucleo di quella che oggi è la riserva della biosfera aveva una superficie totale di 1.170.210 ettari di foresta vergine e una popolazione stimata di meno di 7.000 indigeni. Nel 1997, quando la foresta fu dichiarata Patrimonio dell'Umanità, il fondo copriva più di due milioni di ettari di foresta pluviale tropicale. Nel 2010 era stata ridotto a 832.237 ettari, mentre 25.000
erano i popoli indigeni che vi vivevano. La presenza di coloni non-indigeni entro i confini della riserva era salito da circa 5.000 nel 1990 a oltre 40.000 nel 2013. Costoro hanno bruciato tutto, per piantare colture. Hanno tagliato una quantità inaudita di alberi della foresta per allevare bestiame, o per vendere il suo legno pregiato, hanno sparato sugli animali e messo in secca i letti dei fiumi per costruirvi le strade.

Prima dell'avvento del cosiddetto progresso gli abitanti della foresta piantava cereali e e frutta, cacciavano quello di cui avevano bisogno usando archi e frecce e c'erano granchi e pesci nei fiumi e cinghiali, tapiri e cervi nelle foreste. Oggi, con ogni scoppio di una pistola o di un pezzo di montagna che viene eliminato, essi o muoiono o si spostano più in profondità nella giungla. Parte della riserva è anche abitata dai Miskitos (immagine sopra), il più grande gruppo indigeno del Nicaragua, dove per legge gli indigeni hanno il diritto di possedere collettivamente e utilizzare le terre in cui vivono.

Ma a quanto pare, così non è... Tutto in nome del progresso, nevvero?

Fonti: colombiareports.co
www.iede.co.uk/

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